La mozione Pranzo si rivela maggioritaria. Quando inizio a parlare, alla platea dell’assemblea regionale del Pd, al cinema Fanfulla di Lodi, la sala è semivuota.
Non ho ricordi precedenti all’inizio della fase congressuale del Pd. Mi pare duri da sempre. E sono felice che questa sia l’ultima puntata del Congresso e che finalmente possiamo tornare ad occuparci del mondo là fuori.
Ripartiamo così dalle 350.000 persone che hanno votato, in Lombardia, tre settimane fa, in occasione delle primarie del Pd. Persone da non dimenticare, da coinvolgere. Subito. Non per far loro votare nomi (ancora?), ma per sottoporre loro le cose da fare (e farle insieme). Per evitare che si perdano, perché – come possiamo desumere da una prima analisi del voto, che spero verrà approfondita – circa un terzo di chi ha votato questa volta non aveva votato in occasione delle primarie del 2007, e quindi circa un terzo di coloro che avevano votato nel 2007 non sono tornati a votare lo scorso 25 ottobre (quello che era successo a giugno, con i voti ‘veri’). Forse perché nessuno le aveva coinvolte, queste persone. Non ripetiamo lo stesso errore.
E la prima cosa nella quale coinvolgerle è una grande mobilitazione contro le norme salva-premier, la diciannovesima edizione di una legge ad personam a favore di B. Non giriamo la faccia, non vorrei sembrassimo distratti e lontani. E muoviamoci subito, senza lasciar passare troppo tempo, per evitare di manifestare a babbo e Costituzione morti.
E, per far questo, e per coinvolgere tutti i lombardi fin d’ora, dobbiamo dircelo, all’insegna di una politica di verità e per essere sinceri (perché lo stiamo pensando tutti, anche se nessuno ancora lo ha detto): sarebbe il caso di individuare il candidato presidente.
Al badge della giornata, che ritrae un Formigoni ‘sdrucito’ (un po’ di cattivo gusto, devo dire), manca un lato, il retro, che dovrebbe raffigurare il nostro candidato presidente, la nostra ‘alternativa’ (a meno che il nome e il cognome di ciascuno, scritti sul retro, appunto, non siano da interpretare come un invito, rivolto a ciascuno di noi, a sentirsi protagonista, nella prossima sfida delle Regionali). Avevamo chiesto si scegliesse prima, il candidato presidente, durante il Congresso, ci pareva logico: ci è stato risposto di no. Ora vorremmo sapere come si sceglierà e quando.
Dobbiamo usare le stesse energie che abbiamo profuso in questo Congresso, in cui eravamo continuamente sollecitati, contattati, attivati, da questo o quel candidato, senza tregua, a ogni ora del giorno e della notte. Vorrei vedere la stessa passione e lo stesso impegno anche nei prossimi mesi…
La sfida è lanciata. Lo slogan fondamentale di Formigoni, la sua quidditas, è da sempre: «meno Stato», nelle varie declinazioni in cui è stato proposto. Quello che è successo, però, è che c’è stata «Più Regione», nell’occupazione del potere e nella gestione onnipervasiva (e non in quella programmazione di cui la Regione dovrebbe soprattutto occuparsi), e ci sono stati «meno Comuni», «meno cittadini» e «meno diritti». E, insomma, «meno pubblico», che non è la stessa cosa di meno Stato.
D’altro canto, è come se noi, le parole, le avessimo perse. Per quanto riguarda gli stranieri, la Bossi-Fini si è come spacchettata: Bossi continua ad attaccare gli stranieri, Fini li difende. La piccola impresa la difende Tremonti, i grandi si difendono da soli. L’ambientalista più noto alle cronache della Regione Lombardia è lo stesso Formigoni. E noi, spesso, dietro, a inseguire.
Dobbiamo ritrovare le parole, le nostre, per un racconto della Lombardia (alla Lombardia, quindi, e all’ascolto di quello che ha da dirci). Non un racconto da libro Cuore, da idealisti, non una pensata da filosofi.
Non chiedo meno concretezza, a Bersani. Se posso ne chiedo ancora di più. Anzi, parlerei di concretezza e di utilità, in una sorta di via brianzola al Pd. L’utile, proprio così. Di fronte ad una iniziativa della Regione, chiedersi: utile «a chi?» e «a quanti?», come si sarebbe chiesto Jeremy Bentham, antico sostenitore della mozione Marino.
A chi è utile il nucleare, a chi vanno i soldi, quando arriveranno i benefici, a chi? E non sarebbe, invece, utile investire sulle rinnovabili, che sarebbero “per tutti”, mentre il nucleare è un affare soprattutto “per pochi, pochissimi”?
A che cosa serve attaccare i kebab e i phone center: non è forse più utile costruire una politica per l’integrazione nella nostra regione ancora sconosciuta? Non lo sarebbe, anche dal punto di vista economico, proprio perché la globalizzazione è il fenomeno più locale che possiate immaginare, perché precipita nei nostri quartieri, nelle piccole imprese, nei laboratori degli artigiani.
A chi è utile la mobilità lombarda, fondata sul mezzo privato, con i treni che versano nello stato che conosciamo (e spesso ‘versano’ in ritardo)?
A chi sono utili decine di migliaia di precari, che lavorano nelle imprese lombarde, senza avere alcuna certezza del domani, inteso in senso stretto? Persone che temono di perdere il posto di lavoro da un momento all’altro e hanno uno stipendio da fame? A chi, è utile?
È utile – e a chi? – consumare suolo come se fosse appena finita la guerra, o privatizzare l’acqua?
Anche nel confronto con le altre Regioni (quelle recentemente convocate a Milano, le migliori del mondo, tra le quali la Lombardia di Formigoni si ritiene ovviamente “la migliore delle migliori”), sulla laicità: chi ha un presidente che interviene sulla gravidanza e sul parto delle donne? Chi sulla fine della vita delle persone? Chi si mette sempre di traverso sugli stili di vita e sulle scelte personali di ciascuno?
A proposito di donne, ma lo sapete che Formigoni non ne ha nessuna in Giunta? Qui non siamo alla discriminazione, siamo alla misoginia. Devi essere uomo, lombardo (nel senso über-lombardo spesso ribadito da questa maggioranza) e se sei di Cl, meglio, per fare carriera in Regione Lombardia. Proviamo a chiedere se esiste, in un’altra delle regioni migliori del mondo, analoga situazione. E quale regione, tra le migliori, affida il compito e la missione culturale di interpretare la questione dell’immigrazione a una forza xenofoba?
A volte di una media statistica si parla di «media del pollo». E nelle statistiche italiane il pollo spesso è lombardo, perché in Lombardia noi abbiamo più precari – soprattutto nell’area metropolitana di Milano –, il maggior numero di stranieri, i problemi più grandi per quanto riguarda la mobilità.
Per valutare questo utile, non c’è solo il Pil, c’è un indicatore fondamentale: il tempo, proprio quello richiamato nello slogan della giornata, «è tempo di cambiare». Il tempo della giornata di una mamma che cerca di arrabattarsi tra mille impegni, il tempo del pendolare, il tempo di attesa della sanità, il tempo di attesa di un concorso, il tempo per una pratica burocratica, il tempo di chi cerca di connettersi a 56k.
E sul radicamento, stiamo attenti, perché – lo diceva Engels, qualche tempo fa –bisogna piantare le bandiere nella testa della gente. E i lombardi hanno i gazebo non solo e non tanto nelle piazze, ma soprattutto nelle teste.
E noi dobbiamo dimostrarci utili, nel senso di quanto ho sostenuto, perché a non essere o a non apparire utili, si rischia di essere inutili o percepiti come tali.
Non abbiamo niente da perdere. Ci conviene fare bel gioco, migliorare la qualità delle nostre proposte, aggiungervi un po’ di entusiasmo, confidare in noi stessi e agire con coraggio. Spalancando le porte di questa sala e rivolgendoci alla società lombarda con decisione e convinzione. In bocca al lupo.
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