Ascoltando alcuni interventi del dibattito congressuale, mi sono convinto: anche a me piacerebbe che si potesse tornare indietro. Che si riscoprissero gli anni belli della precedente generazione. Che tornassero le sezioni del Pci. Che si ritrovasse la politica di una volta, il comizio, il tatzebao, le grandi battaglie collettive. Che si provassero gli anni della Meglio gioventù (ben prima che Caterina si trasferisse in città, insomma). Che tutto tornasse, per dirla tutta, a quando ci capivamo qualcosa (o, forse, meglio, a quando ci sembrava di capirci qualcosa). Che non ci fosse stato B, il craxismo, la Lega e tante altre amenità. Solo che, vi segnalo, care compagne, cari compagni, che non è possibile. E proprio questo è il problema. Perché, oltre alle responsabilità storiche e politiche di una generazione che non è stata capace di fronteggiare tutto questo (era difficile, ma non ci sono molto riusciti), c’è un dato ineliminabile e ineludibile: che il tempo passa e il mondo cambia. Piuttosto velocemente. C’è però una speranza: anche negli Usa, “prima”, c’era Bush. E adesso c’è il suo esatto contrario (nelle intenzioni, certamente, ma anche nelle modalità e nei contenuti che finora si sono visti). Ecco: non è necessario tornare indietro, per cambiare. Anzi. Cerchiamo di non dimenticarlo.
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