Sono in parte d’accordo con il lodo Scalfari, in parte no. Perché la parte buona della proposta era mia (si parva licet) e l’avevo espressa anche a luglio. Nei giorni scorsi, sollecitato da più parti, sono tornato su questa mia personalissima convinzione, che riguarda lo schema congressuale, prima ancora che la convenienza di questa o quella mozione. Quello che penso è che, salvo cataclismi, chi arriva secondo e chi arriva terzo alle primarie non dovrebbero mettersi d’accordo per battere il primo in assemblea, per motivi di opportunità politica (direi, di ragionevolezza). Gli elettori non capirebbero, e ci verrebbero a prendere con i forconi. Con una precisazione importante: tutto dipende dal risultato e dalla distribuzione dei voti, perché il lodo Scalfari parte dal discutibile pregiudizio che uno dei due candidati vada molto meglio degli altri (e forse dal discutibilissimo pregiudizio che vi siano solo due candidati in campo, come Scalfari ha sostenuto in un articolo di fondo di qualche tempo fa). Se però tutti e tre i candidati dovessero collocarsi al di sotto del 40%, la sua proposta non avrebbe molto senso. Detto questo, la riflessione di Scalfari nasconde comunque un problema molto grande. Perché se è vero che le primarie indicano chi legittimamente può fare il segretario, lasciano aperto il tema politico della governance e delle scelte future. Ovvero, chi vince con meno del 50% deve comunque cercare alleanze all’interno del partito. E sono la stessa opportunità politica e la stessa ragionevolezza a richiederlo. E il candidato più votato lo deve fare, per quanto mi riguarda, non sui ‘posti’, ma sulle idee. Non esiste la logica del ballottaggio, insomma, a cui Scalfari sembra voler guardare: questo perché il regolamento prevede tre candidati (e il regolamento non l’ha certo voluto la terza mozione, ma le ‘prime’ due) ma soprattutto perché è impensabile governare il partito senza avere la maggioranza (mi pare ovvio). E le regole in corsa non si possono certo cambiare. Ad esempio: vince Bersani senza raggiungere il 50%. Bersani è molto freddo sulle primarie. Gli altri due candidati, Franceschini e Marino, invece, ne sono più o meno entusiasti. Il partito farà ancora le primarie, con Bersani segretario? Secondo me, sì. Ad esempio/2: vince Marino senza raggiungere il 50%. Gli altri due non è che siano proprio proprio contrari al nucleare. Marino potrà chiedere il consenso sulla sua proposta di ‘no’ al nucleare, cercando la maggioranza all’interno del partito, o dovrà rinunciarvi? L’ago della bilancia è un’espressione che non mi piace, e fa pensare alla vecchia politica, rimane però il fatto che anche le posizioni di chi arriva secondo o terzo hanno una grande dignità (stiamo parlando di uno stesso partito, del resto: ed è per questo che l’assemblea nazionale ha così grande importanza, anche se Scalfari preferisce non riconoscergliene alcuna). E il problema politico che Scalfari intende eliminare con un colpo di spugna e di teatro, rimane tutto e ha ragione chi, come lo stesso Marino, ricorda che la partita è aperta, perché, per quanto ci riguarda, la partita è politica. C’è anche un precedente. Riguarda lo scontro D’Alema-Veltroni nel 1994. La consultazione disse Veltroni, poi però il segretario lo fece D’Alema. Non vorrei ripetere un simile capolavoro.
Qualche giorno fa, ne abbiamo parlato qui.
Massimo (Bersani) scriveva:
Caro Civati, io credo che per onestà verso chi vi vota dovreste dire qualcosa su chi appoggerete tra Franceschini e Bersani nel caso piuttosto probabile che Marino arrivi terzo. Visto che Marino potrebbe essere l’ago della bilancia, credo che non possiate chiedere una delega in bianco agli elettori su un punto come questo. Sarebbe un comportamento da prima repubblica. Per favore non rispondere in modo evasivo dicendo che vincerete voi, o che non è questo il momento di fare queste domande, o che si vedrà sulla base dell’accettazione dei punti programmatici, o altre formule vaghe del genere: sapete benissimo chi sono Bersani e Franceschini e cosa vi separa da loro, non è possibile che non abbiate un orientamento in proposito. Ci saranno anche motivi validi per non decidere subito, chiaro, non vorrei che questo mio post fosse preso come una critica.
Barbara (Marino) rincarava:
Diciamo però che in effetti piacerebbe saperlo, ecco. In ogni caso mi espongo dicendo che conosco diverse persone che hanno votato per Marino e che tra Franceschini e Bersani preferirebbero Bersani, e, ad onor del vero, anch’io sono di questa idea. Detto questo, comunque sia e in ogni caso ( sollolineo in ogni caso) , alle primarie rivoterò Marino. E’ importante comunque sostenerlo al massimo possibile, al di là di chi arriverò primo, secondo o terzo.
Così rispondevo:
Si tratta di una mia personale opinione, che però non ha credo alcuna possibilità di essere smentita. Credo che chi vince alle primarie debba fare il segretario (soprattutto, aggiungo, se si afferma con uno scarto significativo). E che gli altri o si alleano con chi vince, o non si alleano con nessuno. Non può essere che il secondo e il terzo facciano fuori il primo, soprattutto se questo primo ha dimostrato di essere decisamente preferito da parte degli elettori (altro discorso sarebbe se tutti prendessero il 33%, per capirci). Questa mia risposta è, credo, già sufficiente. Fate voi i pronostici. A me non interessa. La mia e nostra terzietà è fuori discussione. E se volete un mio parere, come ho già detto e ripetuto un altro migliaio di volte, secondo me si metteranno d’accordo, almeno per le vicende politiche ‘interne’, Bersani e Franceschini.
P.S.: faccio notare, da ultimo, che con le primarie si elegge l’assemblea nazionale nello stesso momento in cui si votano i candidati collegati alle liste. In questo senso, difendere la funzione politica dell’assemblea non significa svilire le primarie, ma affermarne il significato più proprio. In sostanza, come mio personalissimo lodo, direi che chi vince anche con meno del 50% deve fare il segretario, positivamente condizionato, però, dalle idee degli altri due, soprattutto se su queste idee gli altri due sono d’accordo. Così funziona la democrazia. E forse tutto questo indurrà tutti a moderare i toni e a riflettere su quanto sostenevo qualche ora fa. Quanto alla proposta di Scalfari, così com’è non è risolutiva sotto il profilo politico, perché il voto è proporzionalissimo e ciascun voto vale come gli altri, in proporzione, s’intende. Il lodo scalfariano può servire come indicazione, positiva e ovvia insieme, che non cambia le cose: perché il bello delle primarie è che non si sa come vanno a finire.
P.S./2: in questo senso, e da ultimissimo, faccio notare che è utilissimo il voto a chi è più libero e meno condizionato da legami antichi e dalla necessaria ricerca degli equilibri all’interno del partito. Il voto a chi ha a cuore le idee e le proposte, più che le posizioni da occupare, è prezioso, soprattutto in una situazione come quella che sembra profilarsi all’orizzonte. Perché il mercato delle vacche (in una notte in cui tutte le vacche sono nere e rischiano di dimostrarsi poco democratiche) si scongiura solo guardando alle idee e non alle persone, alle ‘cose’ e non alle cariche da occupare. Pensateci bene.
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