Come nel baseball, quando il giocatore corre verso la base, e l’arbitro aspetta di verificare se arrivi in tempo, prima che arrivi la palla all’avversario. E la scivolata nella sabbia e qualche centesimo di secondo… E però l’arbitro grida «salvo!» e la partita ricomincia. Non se ne può parlare, insomma, ma gira voce che i sondaggi siano migliori del previsto e che finirà come avevo preconizzato, consultando l’oracolo di Delfi un mese fa. Franceschini ha salvato il Pd e gliene va dato merito: altri hanno continuato con il solito lavoro ai fianchi, perché qualche punto in meno avrebbe fatto comodo per l’annosa questione degli equilibri interni (cose da squilibrati, s’intende). Era una sfida impossibile e Dario ha fatto quello che poteva, come gli allenatori che subentrano a tre quarti di stagione, con lo spogliatoio in subbuglio e una posizione in classifica molto pericolosa. Dopo avere rischiato la retrocessione, non vinceremo lo scudetto, ma andremo in Champions, con qualche affanno e però anche con qualche bella giocata. Dall’8 giugno, ci sarà ancora tempo per i ballottaggi (fondamentali) e per il referendum. Dal 22 giugno, invece, dovremo tornare a parlare di partito, perché sarà soprattutto il calciomercato estivo a dirci se l’anno prossimo ci presenteremo con una formazione credibile e con il gusto della sfida, quella vera. Quella del governo del Paese.

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