Per riprenderci dall’ennesima giornata difficile, tra un Pd che (purtroppo) non c’è e un Pdl che (purtroppo) c’è, ho deciso di scrivere il post più bello degli ultimi tempi, anche perché non è farina del mio sacco. Qualche mese fa, Stefano Draghi venne a Monza a commentare i risultati elettorali e ci parlò del partito esemplare. E a me, che sono ormai un vecchio arnese della politica, venne in mente un manifesto di qualche tempo prima, in cui Berlinguer era salutato con lo slogan «Per Enrico, per esempio». Era un manifesto di Massimo e Roberto, che ancora oggi curano le nostre campagne elettorali. E il «per esempio» era già una mia particolarissima ossessione, soprattutto per ‘colpa’ di Vittorio Foa. Nel suo ultimo libro, uscito all’inizio dell’anno per i tipi di Einaudi, scritto con Federica Montevecchi (bravissima), che s’intitola Le parole della politica e dio solo sa quanto ne abbiamo bisogno (qui una piccola recensione), Foa scriveva pagine straordinarie sull’argomento. «La parola “esempio” è la più importante», scrive Foa, aggiungendo: «Non si possono insegnare i valori politici: è necessario viverli». E occorre vivere «qualcosa di emotivo che superi il presente», «credere nelle cose alte soprattutto nei momenti in cui si sente un linguaggio politico volgare, banale come quello di oggi». Ciò vale per noi, in modo particolare. Dare valore alle parole, interpretandole. Dare significato alla politica, muovendosi in modo coerente e conseguente. Non si può parlare di rinnovamento, democrazia, coraggio e non praticarli. «Perciò sono un po’ scettico sul linguaggio dei valori che sento in giro, ossia sull’esaltazione dei valori: vorrei vedere degli esempi perché è dagli esempi che può nascere qualcosa». Montevecchi parla, chiosando, di «etica dell’esempio» e cita Socrate, e il Gorgia e i politici capaci di «essere a capo di se stessi» (che spiega anche che cos’è la leadership, se ci pensate), in grado di migliorarsi per migliorare la città. Un bell’esempio, a sua volta. Da tenere in considerazione. E da provare a interpretare. P.S.: Vittorio Foa, nel libro, dice anche: «Essere ebreo vuol dire volere lo Stato d’Israele come civiltà e non come sopraffazione, vuol dire vivere insieme». Per esempio.
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