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9000 chilometri, 140 incontri, i luoghi simbolo della sua proposta politica, tra innovazione e tradizione, nell’ultimo giorno di campagna elettorale di Renato Soru. Una giornata che è la rappresentazione fedele del programma elettorale e del progetto politico, dal Porto Canale di Cagliari alle prese con i tagli di Tirrenia alla necropoli di Pranu Mutteddu, dall’ipertecnologico osservatorio astronomico di San Basilio al paese natale di Sanluri, prima del momento conclusivo, in serata, alla Fiera (non al Palazzetto, però, perché il Comune di Cagliari l’ha assegnato al ‘caro’ Cappellacci nelle ultime ore, con una procedura a dir poco curiosa). Il profilo alto di chi è orgoglioso del lavoro che ha fatto e la preoccupazione di chi si è ritrovato in una battaglia politica che solo in parte rappresenta la campagna locale. Perché comunque la si pensi questa è una competizione regionale e come tale va interpretata, perché gli elettori sardi, in ultima istanza, non si esprimeranno sul nuovo leader del centrosinistra, come vuole qualcuno e come Soru ha sempre voluto escludere che fosse, o sul governo Berlusconi, come vuole qualcun altro (‘quel’ qualcun altro). Si esprimeranno sulla guida della loro Regione, sul giudizio di quanto è stato fatto in questi anni e sulle due prospettive di governo che si affrontano e che non potrebbero essere più diverse. È una sfida che, soprattutto dal punto di vista di Soru, ha il sapore amministrativo e la concretezza delle scelte di chi ha un mandato preciso da parte dei cittadini, una competizione che ha rischiato spesso di vedere spostato il fuoco del dibattito molto lontano, forse troppo. I volontari giovanissimi («più o meno ventiseienni», dicono ridendo al comitato), ne sono convinti. Delle ambizioni nazionali qui non si parla e si sottolinea il ritorno alle origini di Soru, che è voluto ripassare da Sanluri, da dove questo viaggio è partito, in segno di riconoscenza e di rispetto per la sua terra. Quasi a volersi riparare dalle calunnie e dalle interpretazioni che si sono sprecate, in questi giorni, lontano da un sistema dell¹informazione che l’ha penalizzato e che Berlusconi ha strumentalizzato oltre ogni limite. Ritornare a ‘casa’ prima del confronto finale, definitivo. A Sanluri avrebbe voluto chiudere la campagna elettorale, come cinque anni fa. Esigenze di visibilità lo hanno portato a Cagliari. Parla della legge finanziaria e dei progetti futuri contro la crisi, per l’ambiente e per le infrastrutture. Tra amici non ha bisogno di fare discorsi, dice, gli basta richiamare le cose serie, non i sorrisi, le accuse, le polemiche. L’idea di Sardegna, la chiama. I leader nazionali ci sono, ma non si sovrappongono alla campagna di Soru. Lo seguono, lo sostengono, ma a debita distanza. Quando lo incontrano, tutto avviene all’insegna dell¹informalità, com’è capitato a Walter Veltroni ieri pomeriggio a Sanluri, tra distribuzione di zeppole e strette di mano. Non solo per evitare di proiettare su Soru le ombre del centrosinistra nazionale, ma anche per rispettare la dignità della sua candidatura. E per tenersi lontano dal modello dell’avversario, di quel tremendo «Ugo, dì qualcosa anche tu, però fai presto che poi si mangia». Qui sono i leader nazionali ad aver qualcosa da aggiungere, perché la partita è tutta di Soru e dei sardi. A ben vedere questa è la vera lezione di Soru per il Pd e il centrosinistra. Che l’identità si ritrova così e la forza di un progetto è radicata nella realtà e nella rappresentanza di una società. Questi sono i toni della lettera agli indecisi che, come sempre, decideranno l’esito delle elezioni. E Soru lo sa. Un’indicazione politica molto utile, se si pensa che tra meno di quattro mesi si voterà in centinaia di amministrazioni comunali e provinciali, e non solo alle Europee. Alto profilo e massima sobrietà: a volte le cose sono più semplici di come ce le rappresentiamo. Semplici, come appaiono in bixinau, nel vicinato. Ci vediamo a Sanluri, domani, per votare Soru.
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