Ecco, più o meno, quello che ho detto ieri a Genova, in apertura della seconda tappa della Carovana democratica, nella giornata dedicata al ricordo di Guido Rossa, ucciso trent’anni fa dalle Brigate Rosse.
Sarà perché venendo qui, sulla Serravalle c’era la neve e una tempesta perfetta, ma la Carovana fa pensare a una traversata nel deserto, a una navigazione attraverso la linea d’ombra, a Marco Polo e alle città invisibili di Calvino: forse proprio alla città di Veltronia, che sembra esserci e non esserci, e, come una fata morgana, appare e scompare sulla linea dell’orizzonte. E allora dobbiamo tenerci lontani dai consigli di veleno scorpionino dei cinici che ci consigliano di lasciar perdere, non ascoltare coloro che puntano ad un ritorno al passato, perché, come ha detto qualcuno, il terreno sotto i loro piedi non c’è più, è già scivolato via. D’altra parte, visto che siamo a Genova, dobbiamo tenerci molto lontani anche dalle sirene di coloro che minimizzano, banalizzano e ci dicono che è così che vanno le cose, e che non si può cambiare. Credo invece che non abbiamo più tempo. La disillusione, in alcuni casi la rabbia, è tanta, e assolutamente giustificata. Attraversa i circoli, le singole persone, fa minacciare voti a questo o a quello (everything, but the Pd…). Oggi parliamo di etica, e di etica in senso lato, che significa correttezza dei comportamenti, trasparenza nelle modalità di scelta dei candidati, apertura ai contributi delle persone che vengono da fuori e, soprattutto, rispetto dei nostri iscritti, dei nostri militanti e, in generale, dei nostri elettori. E certo onestà, nel senso morale, intellettuale e politico del termine. Non basta non rubare, lo diamo per scontato, serve qualcosa di più. E l’etica sta anche nel nobilitare il nostro lavoro, nel fare bene le cose, nel dare seguito alle dichiarazioni e nel concretizzarle. Non basta fare un manifesto sul precariato, ad esempio, serve una grande campagna politica. Altrimenti, avremmo prodotto soltanto un manifesto precario sul precariato, per dire. Etica è creare relazioni, mettere tutti nelle condizioni di decidere. Abbiamo la base, ma non abbiamo l’altezza, né la profondità. E il volume, quello elettorale, si sta, ogni giorno di più, ridimensionando. Esemplari, dobbiamo essere. E dobbiamo fare tesoro dei cattivi esempi, e risolverli, ma anche dei buoni. Dalla difesa delle coste sarde alla riforma degli ammortizzatori sociali, dal sostegni ai più deboli ai tempi della crisi al premio del merito di chi si mette a disposizione della collettività con la propria intelligenza. E dobbiamo spingerci fino ad affrontare le questioni, come quella del testamento biologico, rispetto alla quale è – soprattutto – etico decidere, rispettando le sensibilità di tutti, e non solo di alcuni. E, oltre al rispetto e all’esempio, ci vuole una terza cosa, che è finora mancata, ad un partito intimidito, quasi spaventato. Ci vuole un po’ di coraggio, perché il passaggio della Carovana è stretto, ripido e difficile. Ma forse è l’unico che ci può far arrivare da qualche parte.
Gli interventi della giornata sono stati tutti molto coerenti tra loro nell’analisi, e molto chiari nell’indicare alcuni percorsi possibili. Dall’universalità del sistema sanitario e del diritto alla salute (vedi anche alla voce testamento biologico) alla sicurezza (nel senso di un intervento deciso per l’integrazione), dalla questione della credibilità (richiamata anche da Roberta Pinotti, ministro ombra della Difesa, che ha voluto intervenire) all’appartenenza a un partito e non a una corrente o a qualcosa d’altro (e di peggio), come ha ricordato Ivan. E, da ultimo ma non certo per ultimo, la partecipazione dei circoli alla sfida del Pd e la volontà di tornare allo spirito originario, a quella impostazione che, per dirla con Obama, was written into the founding documents del nuovo partito. A Cremona, il 5 febbraio, parleremo di cultura e di cultura politica, un passaggio importante, forse decisivo, se è vero che dalla questione culturale passa gran parte dei problemi del nostro Paese e del nostro partito.
Tornando a casa, Bruce cantava: «I’m working on a dream, though sometimes it feels so far away». Ecco.

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