A Chicago è stata una giornata caldissima, e così sarà anche domani, secondo le previsioni (quelle meteorologiche, quelle elettorali). Una giornata estiva tanto quanto era stata invernale quella di Springfield di quasi due anni fa, in cui Obama lanciò la sua candidatura. Verso sera, come ogni sera, si è alzato il vento, e l’aria di Chicago è diventata frizzante, quasi elettrica. L’attesa è forte. Un grattacielo, con il gioco delle luci degli uffici lasciate accese, invita ad andare a votare («Vote», accidenti, «Vote») e reca sull’altra facciata la bandiera degli Stati Uniti d’America. Il tassista è greco di origine, improbabile nell’aspetto, silenzioso, ma all’altezza del Grant Park ci sorprende: si rivela un vero politologo. Si accorge che parliamo di Obama, e interviene, auspicando la vittoria di Morales, il presidente della Bolivia. Battuta folgorante. Si parla di politica, e il tassista le sa tutte. Ci prende in giro per B (capita sempre), parla dei politici che gli piacciono, del Pci e di tanto altro. Stiamo rientrando dalla visita, organizzata da Maurizio Martina, all’università di Chicago, a Paola Sapienza e Luigi Zingales. Con loro si è parlato (ovviamente) di Obama, dell’organizzazione perfetta della sua macchina elettorale, del suo messaggio preciso, della sua ‘fortuna’, della passione ma anche della razionalità spietata delle scelte del candidato democratico e delle prospettive della sua eventuale (meglio essere prudenti) e sicuramente difficile presidenza. Zingales paragona le due B (Berlusconi e Bush) senza sapere che in Italia il dibattito ha preso una piega inaspettata, con la triste similitudine Obama-Berlusconi proposta questa mattina da Sandro Bondi. Sapienza descrive l’impegno dei volontari, facendo riferimento a quello che sta succedendo in questi giorni nello Stato dell’Indiana, uno dei tanti battleground delle ultime ore, dove sono stati ‘dirottati’ tanti simpatizzanti di Chicago e dell’Illinois. Si parla dell’adesione dei giovanissimi, di una campagna elettorale che è diventata occasione di socializzazione, del controllo puntuale di ogni sua fase e del grande piano di Obama e del suo staff. La parola che non si può pronunciare è Landslide, la valanga di voti democratici che in tanti si attendono. L’entusiasmo è tanto, e si parla di una vittoria straordinaria (oggi, per dirne una, l’ultimo sondaggio Gallup dava Obama a +11), ma non ci si sbottona. Non è il caso. Del resto saremo qui, domani, per raccontare le ultime ore di questa storia quasi epica, insieme a persone giunte da ogni confine. Perché il tratto messianico è improprio, siamo d’accordo, ma, a questo punto, è quasi inevitabile.
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