Poi basta, perché non se ne può più (speriamo che si dimetta, altrimenti si dimetteranno tutti gli altri). Continuo, però, a non essere d’accordo. La prassi costituzionale prevede che sia la minoranza ad eleggere un proprio rappresentante, non la maggioranza a scegliersi il commissario preferito da votare artatamente. Lo scrive con chiarezza Stefano Ceccanti: «Il punto fondamentale in discussione […] è la indubbia violazione di una convenzione costituzionale stabilita da anni sul fatto che il presidente debba essere espressione dei gruppi parlamentari che non hanno dato la fiducia al Governo. L’idea che sia sufficiente alla maggioranza scegliere lei un parlamentare della minoranza per rispettare tale convenzione non sta né in cielo né in terra. E’ quindi giusto dire che la Commissione debba essere messa quanto prima in condizione di operare, ma questo può accadere solo restaurando il diritto, quando i gruppi di opposizione si riconoscano nella scelta del Presidente avendo contribuito a determinarla. Non ci può essere nessuna resa ai fatti compiuti. Anzi, finché perdura la grave rottura di quella convenzione, che è uno dei pochi e insufficienti elementi sin qui riconosciuti di uno statuto dell’opposizione, è inevitabile che vi siano reazioni proporzionate in Parlamento su tutti i possibili livelli di cooperazione istituzionale». Vorrei ricordare a tutti che la destra, l’altra volta, propose Storace, non esattamente un nome concordato. E fu eletto senza problemi. Quello che è accaduto con Villari è un trucco e non è accettabile. E a chi fa riferimento al caso Pecorella, vorrei dire che c’entra come i cavoli a merenda, come ha opportunamente ricordato Travaglio ieri, dal momento che il presidente della Consulta deve essere votato dai due terzi del Parlamento. Ed è tutta un’altra storia, essendo la sua una funzione di garanzia per tutti, mentre la Vigilanza Rai deve costituire un elemento di controllo da parte della minoranza.
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