E’ passato un anno dalle elezioni primarie che hanno sancito la nascita del Pd. Un anno difficile, quasi impossibile, in cui abbiamo perso il governo e poi le elezioni. Un anno in cui il Pd ha smarrito molto entusiasmo e molta fiducia. Strada facendo, sono tornate le correnti, le incertezze e le timidezze che speravamo di avere lasciato alle nostre spalle, alla stagione dell’Unione e dei ‘vecchi’ partiti. Veltroni, osannato in campagna elettorale, è vittima da mesi del fuoco amico (che poi non è nemmeno tanto amico). Il governo ombra, salvo alcuni casi molto rari, è una vera delusione. Il partito non è partito, potremmo dire, e la cosa peggiore è che non siamo riusciti a creare una relazione virtuosa tra i famosi ‘territori’ e i vertici romani. Ora, conviene tornare al più presto, anche subito, al Lingotto e allo stile e allo spirito della campagna elettorale, superando la stagione del «partito moscio» di cui parlano quasi tutti. La manifestazione del 25 ottobre, a cui arriviamo stravolti dalle dichiarazioni dei dirigenti nazionali, verso i quali l’insofferenza è sempre più alta, servirà per dimostrare a noi stessi che ci siamo. E che vogliamo esserci, però, nel modo in cui c’eravamo detti. «L’amore conta», come dice la canzone: conta la passione, quindi, ma conta anche il rispetto, verso noi stessi e verso gli impegni che avevamo preso con i nostri elettori e con i cittadini italiani. Dovevamo cambiare la politica, giusto? Continuo a sperare di non avere capito male.
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