Questa sera niente Torino perché non potevo proprio. Peccato. Si sapeva che sarebbe stata una serata magica e tremenda e, puntualmente, lo è stata. Devo iniziare a scommettere sulla Juventus perché azzecco sempre i pronostici. Mi han chiesto – era sabato e i ragazzi avevano appena perso con il Napoli – che cosa mi aspettavo dalla partita con il Real. Mi aspettavo un due a uno. Perché la Juventus era diventata nelle ultime settimane l’ombra di se stessa. Invece di rimontare, si faceva riprendere, anche quando era in vantaggio. Invece di giocare tutta la partita, si smarriva strada facendo. Anziché segnare negli ultimi minuti, si addormentava dopo le prime azioni del secondo tempo. E ci voleva un ritorno all’antico (ho detto all’antico, non a Moggi, come qualche beota si ostina a chiedere) e ci voleva un viaggio, à rebours, nel tempo. E sono arrivato a casa, e la partita era iniziata, e ho acceso la tv, e c’era Alex con la lingua di fuori e allora ho capito. Nel replay ho potuto verificarlo: lui era tornato indietro nel tempo. Aveva fatto il suo tiro a rientrare, dal limite dell’area, come faceva più o meno un secolo fa. Non male per un tale dato per finito almeno da dieci anni, e dopo ogni domenica storta. Un gol strepitoso, fatto con lo stile dei ragazzini, che appena hanno il pallone tra i piedi vogliono inventare, non fanno nemmeno il passo in più che ci si aspetterebbe e tirano. Nel sette, nel caso di Alex. Come se fosse la cosa più naturale del mondo. Poi ci ha pensato Amaurì (per vederlo segnare, del resto, siam venuti fin quì, con l’accento) su cross dell’altro campione ragazzino, Nedved, che sarà anche vero che non ne ha più, ma ne ha comunque più degli altri. E poi il terrore, perché non si può tornare ‘esattamente’ a come si era tanti anni fa. Qualcosa, delle incertezze e dei problemi di oggi, rimane. L’importante però è chiudere in vantaggio e vincere. Perché il tempo passa, ma la Juventus, beh, la Juventus proprio no.
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