Si dice che si è perso lo spirito pubblico, che tutti si sono messi "in proprio", e non soltanto dal punto di vista produttivo. Si sostiene che si sia persa la dimensione collettiva, la condivisione delle scelte e dei destini di ciascuno. Ognuno fa per sé, e tutto il resto non conta. Ed è forse questo il problema principale per il Pd, soprattutto dalle nostre parti. Anche la crisi di rappresentanza dipende da questo dato di fondo, da questo carattere strutturale della nostra società, dall’incapacità di tornare a pensare se stessi all’interno di una società, oltretutto complessa come la nostra. E’ per questo che ho deciso di occuparmi del tempo, perché il tempo è proprio quella dimensione che unisce tutti quanti noi, in modo paradossale, perché la fretta – e il suo carattere autoreferenziale – ha spesso risultati controproducenti. Vale anche per lo spazio, chiaro. Ma il tempo è un’esperienza quotidiana. Una società pensata per persone che viaggiano da sole, che si preoccupano solo del proprio tempo, finisce per rovinare il tempo a tutti e per farlo perdere a ciascuno. Una società che non dà la giusta importanza al tempo, che ne spreca tanto, quasi tutto, e che non ha una prospettiva diacronica – potremmo dire – non programma, non ricorda, non sa pensare al proprio sviluppo. Non è semplice, è più semplice pensare al qui e, soprattutto, all’ora. Ma il punto, per un partito politico, è proprio questo. Il tempo dei cittadini, di ognuno di noi e di tutti quanti insieme. Contemporaneamente, appunto. Pensiamoci.
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