L’Al Gore di Varese, al secolo Andrea Mollica, me lo segnala, opportunamente come sempre. Si tratta della più incredibile intervista di tutti i tempi, in cui Mariastella Gelmini (accento sulla ‘e’) dichiara di ispirarsi ad Obama. Mentre Carfagna esce nelle librerie con un testo (chi pensava ad un almanacco, è un maligno) in cui tesse le lodi più sperticate della vice-candidata Sarah Palin (associata a Thatcher, per intenderci), Mariastella spariglia. Lei sta con Obama. Se pensate che sia uno scherzo, cercate l’intervista: la trovate qui. Siamo all’inimmaginabile. Dice Mariastella: «Il mio punto di riferimento è quello che sta facendo Obama in America». Cavoli: «Sta proponendo per la scuola americana provvedimenti simili ai nostri, penso soprattutto agli incentivi al merito per gli insegnanti. E anche lui vuole razionalizzare le scuole sul territorio per destinare i risparmi alla qualità dell’istruzione. E poi, la possibilità per tutti, anche per chi non si può permettere le università costose, di aver una istruzione di qualità». Secondo me, non sta bene, Mariastellasenzacielo. Lei si è ispirata a Tremonti, lo sanno e lo dicono tutti. Obama non c’entra proprio niente. Obama sta dicendo il contrario, negli Stati Uniti, in un sistema fortemente sbilanciato, soprattutto dal punto di vista dell’insegnamento universitario. Le vada a dire alla Normale di Pisa, certe cose. Obama predica l’integrazione (Obama è un immigrato di seconda generazione, accidenti, ve lo immaginate con Cota?). Ma Mariastella, lei no, lei è convinta. Tra qualche giorno ci diranno che anche l’idea delle classi separate viene da Chicago. Certo. Per non parlare del maestro unico del Minnesota. O del famoso grembiule dei quaccheri, idea ripresa anche dai pedagogisti dello staff del ministro di Leno (Arkansas?). Anzi, è il contrario: è Obama che deve aver letto il decreto Gelmini e ne sta mutuando le idee più brillanti («provvedimenti simili ai nostri», quelli del candidato democratico). Basta così. Ritiri il decreto, al più presto. E si astenga da simili voli pindarici (accento sulla ‘a’, non si sa mai).
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