Marrakech (low cost) Express: e visse con un felafel in mano
Spazio ombelicale. Aut. Min. rich. Rovescio il titolo di uno dei miei film preferiti, per descrivere la sensazione che sto provando in queste ore. Ieri sera, mangiando un felafel acquistato in uno di quei locali che la Lega vorrebbe chiudere per legge perché deturpano il centro storico (che tristezza), mi sono chiesto se erano le luci di Plaza Mayor, o la moltitudine brulicante di turisti, o l’estate che inizia ogni giorno quando si è in vacanza, ma mi sentivo vivo. Alla fine dello scorso anno, avevo annunciato con grande enfasi il mio duemilaottimismo, una sensazione che si è immediatamente ridimensionata dopo Mastella, il 13 aprile e tutto il resto. Con un felafel in mano, uno zurito (vaso pequeño de cerveza) nell’altra; un cielo estrellado sopra di me, suggestioni e improbabili speranze dentro di me. Non so se avete presente. E’ come se questa sorta di Interrail volante a tanti anni di distanza dai primi (1993-1996) fosse una sorta di viaggio nel tempo, a rivedere posti, a rivivere sensazioni, a fare i conti con me stesso. Anzi, proprio il contrario. A mettere tra parentesi me stesso, che si sta meglio, soprattutto dopo aver raggiunto soglie di egocentrismo “da paura”. Ora sono qui, solo, ma anche no, preparando una serata al Lavapiés-dai-molti-colori. E pensando che domani sera, a quest’ora, sarò a Marrakech. In attesa che arrivino gli altri, che attualmente attraversano il deserto (e, per una volta, non si tratta di una metafora). Quando ci troveremo, infine, potremo dire: «Erano anni…»: proprio così.
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