Dal momento che insiste, è il caso di avvisare il ministro che si dovrebbe occupare di Riforme che «schiava di Roma» è la «Vittoria». O forse è tutta colpa di Scipio, notoriamente Africano? Ma dove cavolo siamo finiti? Il Paese va a rotoli, la gente non arriva alla fine del mese e noi discutiamo per ore di un demagogo con il dito medio, il figlio Renzo detto Cepu bocciato per la seconda volta – per di più su una tesi dedicata al Cattaneo e con una commissione di professori del Nord (ma si può?) -, e un capogruppo della Lega – che risponde al nome di Cota – che ieri in aula spiegava: «Va colto il senso di quello che va dicendo il ministro delle Riforme e cioè che o si fanno le riforme o il paese esplode». Il dito medio, secondo l’autorevole esponente leghista, era riferito alla parola «schiavo», un termine che «va abolito perché in contrasto con la nostra cultura democratica di oggi». Bossi come Lincoln, Bossi come Mandela. Stringiamoci a coorte e si salvi chi può. P.S.: leggete il commento di Federico Geremicca, che ci ricorda che – mentre si straparlava di inno nazionale – «ieri, per dire, la Camera è stata chiamata a votare una nuova fiducia su un nuovo decreto (quello economico, stavolta) mentre il Senato doveva approvare – avendo a disposizione un solo giorno per esaminarlo – il lodo Alfano, che mette Berlusconi al riparo dal processo Mills, in cui è imputato per corruzione. E in tutto questo, c’è chi continua a parlare di grandi riforme e di legislatura costituente. Al punto in cui già si è (le Camere sono insediate da nemmeno 100 giorni) per crederci occorre un grande ottimismo. Si vedrà. Archiviato Bossi, il dito e le offese all’Inno, sperare nel meglio, in fondo, non costa niente».
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