In effetti non è che funzioni molto bene il gioco di parole tra Brichetto, cognome da nubile della signora Moratti, e Braghettone, nome d’arte di Daniele da Volterra, noto da sempre per aver dipinto le mutande a coprire le zone ‘erogene’, per così dire, della Cappella Sistina. Dopo aver chiuso la mostra «Vade retro» perché troppo gay, il sindaco di Milano si appresta a fare lo stesso con le mostre di due fotografi – che non nominiamo, perché ci viene vergogna a dover parlare così di due artisti – perché sono «blasfeme e parapedofile» [in una successiva dichiarazione, l’aggettivo è stato sostituito con un più deciso «pedofile»: niente ‘para’, dunque]. Sgarbi dal Brasile, dove si trova in vacanza, fa sapere di non poterne più. Anche noi, da Milano e dalla Lombardia del 2008 e non da quella di prima del Manzoni, facciamo sapere di non poterne più né di Sgarbi che propone, né di Moratti che dispone, né di una città che si copre di ridicolo ad ogni mostra, ossessionata da una morale da pattine e da cera-sul-pavimento, una morale pelosa che nasconde un degrado culturale e lo interpreta con alcuni strumenti amministrativi orgogliosamente illiberali. Una città mostruosa, eccolo il gioco di parole che mancava. Che squallore.
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