La traduzione del motto di Obama è perfetta per descrivere anche la nostra vicenda elettorale. Sì, si può. Però dobbiamo risolvere la questione delle questioni. Da soli, insieme a tutta l’Unione, à la carte? Credo che quello che si deve fare sia insieme più semplice e più complesso. Iniziamo ad escludere che si vada da soli-soli. Non sarebbe verosimile. E non sarebbe intelligente non stabilire, ad esempio con Di Pietro, un’alleanza politica (io l’avrei voluto, come qualcuno ricorderà, nel Pd). Quel genio della politica che risponde al nome di Marta Meo, oggi scrive precisando al solito il mio pensiero: "Il PD ha bisogno di costruire la propria vision del paese in autonomia e senza vincoli di coalizione sostengono loro che vedono impraticabile l’ipotesi di tornare a presentarsi ai cittadini con un programma di 281 pagine o giù di li". Sono d’accordo. Il Pd prima costruisce il proprio profilo, delinea il proprio programma e solo allora costruisce le alleanze per il governo del Paese. Escludendo chi si autoesclude (a cominciare da Diliberto che, per non smentirsi, ha una posizione incredibile anche sul governo Marini) e ragionando con chi vuole costruire un progetto nuovo per l’Italia. Senza farsi guidare dai sondaggi – la vogliono piantare con le simulazioni? – e facendo piuttosto affidamento al buon senso, alla carica politica che si può esprimere contro la quinta candidatura Berlusconi (no, non si può) e alla possibilità di costruire un partito di governo, in un’alleanza più coerente e capace di interpretare i bisogni del Paese. Proviamoci. Così, si può.
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