Approvata dal Consiglio regionale la legge che consente una proroga di sessanta giorni al Comune di Monza per l’approvazione del Pgt. L’assessore Boni conferma che l’urgenza era dettata esclusivamente dalla situazione monzese (guarda un po’) perché le altre amministrazioni citate, a cominciare da Malnate ed Erba, o hanno già deciso di abbandonare il Pgt della giunta precedente, o hanno termini che scadono molto più in là, addirittura a dicembre. Boni in un’appassionata replica – in cui ha specificato che non si tratta di una legge ad personam con l’accento sulla ‘e’ (sigh) – ha chiarito che a Monza hanno vinto loro, quindi c’è poco da contestare. Il gruppo di Forza Italia non è nemmeno intervenuto, a nascondere un certo qual imbarazzo per la terza norma del "fratello del padrone" come ha commentato il consigliere Zamponi. Lo stravolgimento dei lavori dell’intero Consiglio regionale è così servito per approvare una norma perfettamente ad hoc – come dimostrano il metodo scelto e la tempistica imposta – profondamente ridimensionata rispetto alla presentazione iniziale. Non più sei mesi di "manna", ma soltanto due, nei quali approvare definitivamente il Pgt. Il consigliere Cè, già assessore della Lega, ha attaccato in aula i suoi ex-compagni di partito e il sindaco Mariani, per il contenuto della lettera inviata in Regione (non firmata e mai protocollata dagli uffici regionali), nella quale il sindaco di Monza chiedeva una "congrua proroga" per apportare le significative modifiche al Pgt che il cambio di amministrazione comporterebbe. Una lettera che ha fatto pensare male a Cè e non solo, proprio perché il periodo di risposta alle osservazioni non deve servire a stravolgere il piano adottato, come forse qualcuno a Monza si augurava e ancora si augura. Ciò che rimane di quest’aula regionale è che ogni anno, come per la Festa del Nonno, anche Monza ha una scadenza ben precisa: una leggina fatta apposta, con l’obiettivo di orientare le politiche urbanistiche della città, con l’inevitabile conseguenza di favorire interessi ben precisi. Come già nel 2006, nessuno ha potuto contestare le parole della minoranza, che ha individuato in Paolo Berlusconi il reale motivo di tutta questa fretta e di questa altrimenti curiosa produzione legislativa. La stagione delle leggi-vergogna prosegue, anche nella Lombardia in cui tutti sono super partes e nessuno legifera ad pèrsonam. Sì, ciao.
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